I cambi di stagione spesso coincidono con i buoni propositi, l’avvio di progetti impegnativi, le revisioni delle nostre strategie. E settembre è il mese in cui domande come cosa, quanto e quando otterrò i risultati che mi aspetto aleggiano nell’aria con più insistenza.
A una domanda di questo genere rispondo con un sorriso, allargando le braccia con un “chi può dirlo? Possiamo solo fare ipotesi”.
Le imprese sono sistemi dinamici, complessi e orientati a creare valore, tramite l’organizzazione di un’attività economica volta alla produzione o allo scambio di beni o servizi.
La strategia individua gli obiettivi generali, nonché i modi e i mezzi più opportuni per raggiungerli. Quando mettiamo insieme i due concetti e parliamo di strategia di impresa, stiamo cercando di orientare l’attività di un sistema complesso verso una direzione precisa.
Per orientare l’attività dobbiamo essere in grado di gestirla.
Perciò mettere in atto una strategia di impresa richiede la capacità di gestire la complessità.
E poi c’è chi si domanda come mai sia così difficile.
Gestire la complessità
Il problema più frequente che vedo è legato allo schema mentale che applichiamo: abbiamo l’abitudine a pensare che l’azienda abbia una struttura gerarchica, scomponibile in moduli (uffici, aree, dipartimenti, business unit), ognuno con le sue responsabilità, competenze e comportamenti predeterminati.
Pensare in questo modo dà rilevanza ai centri di responsabilità che compongono l’organizzazione (pensa anche solo all’organigramma o al piano dei centri di costo) e aiuta a semplificare e razionalizzare, per schematizzare attività, processi, rilevazione di costi e ricavi.
Il risvolto della medaglia però è che questo schema semplifica troppo, approssimando una realtà complessa con un modello troppo povero, che funziona solo in occasioni specifiche e limitate.
Con una metafora matematica possiamo approssimare una curva gaussiana con una retta, ma ci dirà ben poco delle specifiche di quella funzione.
Come ho anticipato prima, le imprese sono sistemi complessi, le cui componenti interagiscono tra di loro, in modo non lineare, auto-adattivo e aperto alle influenze esterne al sistema stesso.
Orientare l’attività verso una direzione implica agire sull’organizzazione dell’azienda, immettere una serie di input sperando di ottenere l’effetto desiderato, passando attraverso un blob di risorse, agenti, oggetti, relazioni e interazioni ben poco prevedibile.
Vuol dire confidare che il nostro livello di comprensione della nostra impresa sia sufficientemente alto da poter individuare le azioni corrette per ottenere ciò che vogliamo, con l’aggiunta di una ragionevole stima dei tempi e dei costi di questa attività.
Nella cultura della performance in cui siamo immersз, e in cui settembre è uno dei picchi più alti, voglio spezzare una lancia a favore dei nostri limiti, di comprensione e di ragionamento.
Possiamo dare una direzione alla complessità solo fino a un certo punto, soprattutto perché si tratta in buona parte di orientare il comportamento delle persone; ma le persone, si sa, fanno quello che credono e che riescono a fare, mai esattamente quello che vorremmo da loro.
Confidiamo in noi stessз e nelle nostre capacità, agiamo come se fosse tutto chiaro, ma sempre con l’umiltà e la consapevolezza che siamo esserз umanз, che qualcosa ancora ci sfugge e che i nostri piani dovranno adattarsi alla realtà, soprattutto a quella parte che non siamo in grado di prevedere, né tanto meno controllare.
L’alternativa è rinunciare, mettersi a guardare come fossimo a una finestra, tirarsene fuori perché troppo difficile, troppo “complesso”.
Making a budget is hard, paying for not making one is easy, dice Seth Godin.
Fare previsioni è difficile, stancante e fallace; scegliere di pagare per non farle è molto più semplice, soprattutto se il costo è ancora indeterminato e rimandato in un futuro imprecisato.
Non mettiamo un’ipoteca così pesante sul nostro avvenire, prendiamo le redini in mano: guarda cos’hai davanti, cosa e chi hai a disposizione, scegli la direzione verso cui andare e incamminati.
Questo articolo è uscito per la prima volta come Kanji Newsletter il 5 settembre 2022 (l’originale è qui)
Foto di Julia Sabiniarz su Unsplash